domenica 14 dicembre 2014

Peace ep. 4


Le lenzuola del letto sono macchiate di sangue. Ho le mani sporche. Cazzo. Non ci vedo bene. Maledizione. Strofino le mani nella parte del materasso ancora pulita. Disegno strisce rosse sulla coperta
L'ho fatto di nuovo.
Ho caldo.
 Le mani ancora appiccicose, tutte sudate. Mi infilo la maglietta. Le scarpe. Le scarpe sono sotto il letto. Ho un piede tutto sporco di sangue. Scendo dal letto. Strofino il piede sul tappetto. Mi infilo i calzini, le scarpe.
Devo darmi una lavata.
Il corpo della stronza è ancora disteso nella sua parte di letto. Mi guarda. Ha gli occhi svuotati, la puttana
 E mi guarda
.Mi tremano le mani.
Ho la gola secca.

Fa così caldo. E lei è ancora lì. Ha la gola tutta aperta. L'ho fatto di nuovo.
Apro il rubinetto del lavandino, l'acqua scorre. Bene. Spremo il sapone sulle mani, le strofino, finché non si forma la schiuma. Mi sbatto l'acqua sulla faccia. Mi scivola lungo il viso.
Le mani mi tremano ancora.
Non riesco a calmarmi. Le mie pillole. Mi servono le mie pillole. Forse mi vengono le convulsioni.
Devo prenderle.
Svuoto il cassetto del comodino. Orologi, cartacce, braccialetti. Rovescio tutto sul pavimento. Il flacone delle aspirine. Dentro c'è ancora qualche pasticca di clozapina. Rovescio il flacone. Faccio scivolare una pastiglia sul palmo della mia mano. Il braccio mi trema. Il flacone mi scivola dalle dita.
 Cazzo.
Ho sparso tutte le pillole sul pavimento. Mi chino a raccoglierle. Alcune pastiglie sono finite sotto il letto. Allungo la mano per prenderle.
«Non dovresti sprecare il tuo tempo con le pillole».
«Vaffanculo. Quando sei entrato? ».
«Tre secondi fa. Certo che hai fatto un bel casino.»
Alzo la testa verso di lui. Sergio si è seduto sulla poltrona accanto al letto. Tiene un quadernetto nero tra le mani.
«Ho già chiamato lo Scozzese» dice «passa di pomeriggio a pulire il macello che hai fatto, va bene?»
Mi alzo in piedi. Mi gira la testa. Caccio in bocca la pasticca che ho in mano. Ho le labbra screpolate, la bocca impastata. Ho sete.
«Oh, vuoi qualcosa per mandarla giù?» mi chiede. Tira fuori una fiaschetta dalla tasca della giacca. Svita il tappo e me la porge. «Ecco, tieni», mi fa.
Prendo la fiaschetta e me la porto alle labbra. Il vino mi scende lungo la gola, mi va di traverso. Tossisco.
«Buono, buono» dice Sergio «vacci piano». Mi prende la fiaschetta dalle mani e ne beve un sorso anche lui.
«Grazie» faccio io.
«Nessun problema» dice lui «come va ora? Meglio?»
Tossisco ancora. Un colpo più leggero. Gli dico che sì, va meglio. Lo ringrazio ancora.«Nessun problema» dice «pensi che ti abbia sentito qualcuno?»
Mi siedo sulla parte pulita del materasso. Ho le gambe molli. Giro le spalle alla troia. Cazzo. Non devo guardarla. Merda, sto per vomitare.
«Non lo so» dico «non credo».
«Lei ha gridato?» alza il dito per indicare la stronza, dietro di me.
Gli dico che non lo so se ha gridato, cristo santo. «Ha la gola aperta ad unghiate» gli faccio «tu che dici?»
Sergio si gratta la testa. Apre il quadernetto, ci scrive qualcosa sopra. Lo richiude. Mi guarda, sorridendo. Lo odio quando fa così.
«Ale» mi fa «vedi darti una regolata. Finché erano solo puttane andava bene, okay?»
Si alza sulla poltrona, infila il quadernetto in tasca.
«Insomma evita di farlo con gente che non c'entra nulla, okay?» mi tira una pacca sulla spalla. «E piantala con quelle cazzo di pillole, va bene?»
«Non posso» dico io. Le mani strette sul lenzuolo. «Non posso, lo sai».
Sergio mi si avvicina. Posa le mani sulle mie spalle. «Perché?»
Sembra una domanda sincera. Stronzo. Perché? Perché mi tengono calmo, ecco perché. Coglione.
Ah, sì?» dice lui «infatti, si vede» toglie le mani dalle mie spalle «si vede come sei calmo, eh.»
Cammina intorno al materasso, facendo scivolare la mano sul corpo della troia. Le strizza i seni.
«Ah, niente male comunque» scuote la testa, sospirando «un vero peccato».
«Comunque» dico io «cambiamo discorso, va'. Non hai niente per me?»
Sergio infila la mano nella tasca interna della giacca. «Oh» dice «ho sempre qualcosa per te, socio». Il calcio della Sig-Sauer sbuca fuori dalla giacca, stretto tra le sue dita. «Ecco, tieni».
Infilo la pistola nei pantaloni. La copro con la maglietta. «Bene, se non c'è altro...»
«Dai, non fare il coglione, Ale. Non puoi restare qui.»
Cristo santo, che cosa vuoi ancora da me?
«Dai, Ale. Facciamoci un giro, io e te. Hai bisogno di prendere aria, mangiare qualcosa. Conosco un posto dove fanno il bicerin migliore di Torino» allarga le braccia «giuro. Allora? Vieni?»
Merda. Il corpo della stronza sta cominciando a puzzare. Sento l'odore nelle narici, mi fa rivoltare lo stomaco. Sergio mi si avvicina. Mi mette un braccio in torno alla spalla.
«Ehi» mi fa «su con la vita. Devi rilassarti, socio. Andrà tutto bene» con l'altra mi indica il letto «tra poco arriverà qui lo Scozzese, farà la sua magia e tutto tornerà più pulito di prima. Puff. Come se non fosse successo niente».
Lo stronzo è convincente. Lo stronzo mi spinge contro la porta. «Andiamo, dai» mi dice.Lancio un'ultima occhiata al corpo della stronza. Sputo per terra. La saliva arriva sul parquet.
 Apro la porta.