martedì 17 settembre 2019

Strange time



Martha li sente. Gli infermieri intorno a lei, tutti credono che lei non ci riesca più, che i suoni di tutti i macchinari che sono collegati al suo corpo siano ormai troppo lontani per lei. Eppure, lei li sente ancora tutti, sente il battito del suo cuore rallentare piano.
Credono anche che lei non veda. E invece ci vede perfettamente. Vede gli infermieri lavorare febbrilmente intorno a lei. Vede sua figlia ormai grande di fianco al suo letto, avverte la sua stretta sulla mano.
Le ricorda così tanto lui, ha i suoi capelli vermigli e i suoi occhi chiari, ha preso anche il suo carattere. Ha il suo stesso sorriso, e a Martha piacerebbe tanto riuscire a parlare per chiederle di smettere di piangere e farle vedere quel sorriso un’ultima volta, ma non ne ha la forza.
Sente l’energia abbandonarla piano, la vita scorrerle via con la lentezza infinita di un fiume destinato a prosciugarsi.
Con una fatica enorme, sposta lo sguardo verso il robot, venuto anche lui a salutarla un’ultima volta.
Ripensa alla propria vita, a come abbia passato gli anni a cercare di riempire il silenzio con quel robot, a come non sia mai stato abbastanza. Era l’ombra di lui, una controfigura, una facciata. Aveva troppo poco di lui perché a lei bastasse e troppo perché riuscisse a liberarsene. Era prigioniera del ricordo, incapace di sbarazzarsi del suo fantasma. Lo aveva lasciato vivere con loro, lo aveva lasciato vivere con sua figlia, pur non dicendole mai cosa significasse per lei. Ogni giorno della sua vita aveva dovuto convivere con la propria debolezza. Era rimasta prigioniera nel passato per anni e la sua unica carceriera era stata lei stessa.
Ma ora tutto sta per cambiare. Pur vedendo sua figlia piangere, pur essendo sul punto di morte non riesce a essere triste. Tra poco la sua sofferenza avrà una fine, non sarà più condannata a una vita a metà. Basta bugie, basta scappatoie, basta ricordi. In pochi attimi, non avrà più bisogno di surrogati. In pochi attimi ritroverà la persona che ha cercato in tutti quegli anni nel corpo di una macchina. In pochi attimi avrà davanti lui, e non sarà liscio al tatto, non riderà in modo innaturale, non le chiederà se ciò che dice è consono o no. In pochi attimi avrà davanti quel ragazzo imperfetto di cui si era innamorata, che scherzava sulle canzoni dei Bee Gees e le cantava con lei, che era capace di fermarsi a una stazione di servizio nel bel mezzo di un acquazzone solo perché aveva voglia di una bevanda calda, quel ragazzo al quale non piacevano i paesaggi mozzafiato, quel ragazzo che se n’era andato troppo presto e aveva lasciato un enorme buco nella vita di Martha, un buco che lei non era preparata a colmare.
Avverte le palpebre diventarle pesanti e chiudersi gradualmente, sente la macchina che segna i battiti del suo cuore emettere un suono fisso, intravede, in un’immagine sfocata e distante, sua figlia abbracciare il robot con le sembianze del padre. Poi tutto è confuso, i suoni sono sempre più lontani, e lei si trova in un corridoio scuro e, stremata, si lascia trasportare verso la luce dalla morte, accogliendola come un’ospite ben gradito. Sorride vede la luce avvicinarsi sempre di più.
Sto arrivando, Ash

giovedì 28 febbraio 2019

Un diavolo ubriaco

l male e il bene sono due concetti legati al pensiero comune e alla vostra soggettività. Ognuno di voi sa di fare del bene o di fare del male in base alle vostre azioni.
Io provo piacere nel fare del male, nel vedere la gente che soffre, che prega senza avere nulla in cambio, che si strugge nel vedere i propri sogni infranti; godo nel vedere il terrore negli occhi, l’odore della paura e la frequenza cardiaca che accelera quando ci si sta accorgendo di morire.
Chi, se non uno come me, può non conoscere il concetto di male, di odio?
Chi non meglio di me può conoscere il sapore della morte, chi non meglio di me?
Chi meglio di satana?
Io, a differenza degli esseri umani, del male conosco la forma perfetta, ne conosco il colore, perché io sono l’odio e la paura, io sono il vostro peggior incubo.
Io sono il male.
Fanculo a tutte quelle puttanate della Chiesa! Fanculo all’amore che professate ogni giorno, al rispetto, alla stima, alla pace! Sono tutti dei falsi valori che avete creato per essere sempre più schiavizzati e repressi, genuflessi verso un Dio che non vi vuole. Ad ogni passo verso la tomba vi avvicinerete sempre più al mio cospetto. Le vostre anime i vostri sogni, appartengo tutti a me.
Oggi quaggiù all’inferno mi annoio: il male non è più abbastanza, le urla qui dentro sono ormai diventate tutte uguali e monotone, conosco già a memoria il terrore contenuto negli occhi di ogni dannato. Voglio vedere qualcosa di nuovo. Ho voglia di fare del male da vicino, di strozzare, massacrare, deturpare qualcuno, di fare tutte quelle cose che mi hanno sempre affascinato dell’essere umano. Non devo, però, destare sospetti, quindi assumerò le sembianze di un uomo, magari piacente, dal capello folto, alto, ben vestito, con una voce calda e dall’occhio intrigante, così da catturare l’interesse anche del gentil sesso.
È la prima volta che vengo qui sulla terra nelle vesti di un essere umano, perché lasciare l’Inferno significa lasciare il mio trono e le anime dannate, senza un capo che comanda, si daranno alla pazza gioia e si lasceranno travolgere dai vizi più disparati - orge, risse e chi più ne ha più ne metta -. Una volta tornato sistemerò tutto, oggi facciamo questo strappo alla regola.
Come prima cosa voglio ubriacarmi, quindi raggiungerò uno dei pub più vicini, uno di quelli pieni zeppi di persone, dove si urla e si canta, dove gli uomini offrono da bere alle donne per infilarsi nelle loro mutandine. Il Wisconsin ne è pieno zeppo, così andai al Foxy Enemy, lungo Goldberg Street. Il locale è come l’ho immaginato: gente ubriaca, musica ad alto volume, un bancone con delle barlady seminude che servivano alcolici ad ubriaconi puzzolenti e barbosi. All’interno della sala ci sono anche dei tavoli da biliardo occupati da una decina di energumeni, che si sfidano raccontandosi storie di poco conto.
Sì, è proprio come lo immaginavo.
Mi dirigo verso il bancone per ordinare il primo cocktail. Guardo la barista e, con voce suadente, le dico: << Ciao, troietta, dammi un vodka tonic >>. La donna, quasi perversamente lusingata dall’appellativo che le ho affibbiato, mi sorride e, leccandosi le labbra, mi prepara il drink.
“Sono proprio affascinante”, penso tra me e me. Mi sono fatto proprio bello e anche la mia voce, penso, non è male: lo intuisco da come la barista mi ha guardato quando ho pronunciato quelle parole e da come freneticamente muove le labbra. Sono sicuro che mi voglia tra le sue cosce.
Ma io voglio molto di più.
Io voglio berle il sangue, mangiarle il cuore, cavarle gli occhi, deturparle il viso. Non smettiamo di guardarci, io e lei, e io non smetto di bere. L’alcool comincia a farsi sentire e la mia fame di sangue sale sempre di più.
L’intenso scambio di sguardi, però, viene interrotto da un tipo rissoso, grasso e puzzolente, che urtandomi mi dice: << Scansati, imbranato! Cos’è, il tempo delle mele? Fammi ordinare da bere, imbecille.>>.
Ci vuole coraggio per sfidare Satana in persona, il più cattivo dei cattivi, il Male incarnato in uomo. Devo trattenermi, quindi, serrando i denti e senza battere ciglio, gli afferro il polso e lo piego verso il basso rompendoglielo, per farlo poi accasciare sul pavimento. Poi, con una ginocchiata, gli spacco il naso facendolo decisamente sanguinare. Altri cinque dei suoi amici barbuti si avvicinano verso di me. Afferro di colpo una stecca da biliardo e procedo con dei colpi serrati alla testa, per stendere ognuno di loro sul pavimento. Il mio desiderio è di ucciderli uno per uno, ma non voglio spaventare la ragazza che, vedendomi uccidere gente a sangue freddo, potrebbe prendermi per un serial killer senza scrupoli. Desterei troppi sospetti e lei perderebbe interesse verso di me, se non è già avvenuto. Quindi getto la stecca cosparsa di sangue sul pavimento ed esco dal locale. Messo un piede fuori dalla porta, mi sento afferrare e tirare delicatamente il braccio, mi volto serrando la mano pronto a colpire, ma è solo la barista che mi chiede di venire con me.
La preda si avvicina, inconsapevole, sempre di più alla tana, scambiandomi per un qualsivoglia uomo affascinante dalle gesta eroiche. Io sempre più affamato di sangue, lei sempre più bramosa di sesso. Proprio fuori dal locale c’è parcheggiata una RC212V, sicuramente proprietà di uno degli uomini che adesso si trova steso sul pavimento del Foxy Enemy e che ha fiduciosamente lasciato le chiavi attaccate alla moto da corsa.
Guardo la donna, guardo la moto e con tono deciso e le ordino: << Sali, troietta. >>.
Riesco a sentire il brivido della velocità e il vento gelido che mi batte sul viso, mi eccita. La donna, ormai, è la mia preda e mi abbraccia da dietro, massaggiandomi l’interno coscia, mi faceva capire che voleva solo una cosa.
Dopo aver girato a zonzo per le strade del Wisconsin, mi fa strada verso casa sua, parcheggio il bolide sotto casa e mi fa entrare. Mentre salgo le scale che portavano alla porta standole dietro, lei, che indossa una minigonna e fa ondeggiare il culo di fronte al mio viso, non so come, ma qualcosa si fa duro sotto la cintura dei miei pantaloni.
Entriamo dentro casa, subito ci spogliamo. La mia erezione aumenta, la mia pulsione sessuale è arrivata al limite, i nostri corpi sono ormai nudi, distesi sul letto; le nostre labbra si incontrano e siamo tutti cosparsi di saliva. Sento il suo cuore che accelera e i suoi gemiti che non assomigliano ai lamenti delle anime schiave dell’Inferno: erano sì urla, ma di piacere, di goduria. Mentre la penetro, sommerso in quell’impeto di passioni confusionali, arrivo a concepire che anche il male è in grado di dare piacere.
Si è fatto mattino, si sento le gocce di pioggia che batto sul tetto di casa, la finestra della stanza cigola; dalle mie spalle escono le ali squamose che hanno spaccato l’involucro di pelle che ho creato. Sono pronto a spiccare il volo verso gli Inferi, ma mi volto un’ultima volta verso la stanza: le lenzuola bianche sono tutte ricoperte di sangue e sopra vi giace la barista, di cui non so nemmeno il nome, sventrata, lasciata lì senza cuore. Io Ho ormai acquisito le mie sembianze demoniache, e dal davanzale della finestra, prima di volare via, sorrido compiaciuto guardando la mia opera d’arte, mentre mordo il cuore della donna. << Hai un buon cuore, troietta.>>. Volo via.
Cari lettori miei, cosa vi aspettavate? Ebbene sì, ho dovuto farlo. Dopotutto, io sono il male e, una volta giunto sulla Terra, non potevo che godere della vostra vulnerabilità, sfamarvi saziandovi con la vostra stessa fame, giocare con la vostra ira.
Il Male può darvi anche piacere, può togliervi la vita e possedervi. Io non conoscerò mai il bene, e mai ne farò: quindi qualsiasi finale diverso sarebbe da considerarsi assurdo.
Nel male non esiste il bene e nel bene non esiste il male - ovviamente non secondo quelle puttanate cinesi dello yin e yang, ma questa è solo una mia concezione -. Chiunque la pensi diversamente, può cercarmi e avere un confronto con me.

mercoledì 9 gennaio 2019

Peace ep. 16
















Accadde tutto molto in fretta.
Un battito di ciglia.

Il portone d'ingresso della stazione di polizia si sbriciolò come se fosse fatto di gesso, con un fracasso assordante, quasi irreale.
Una figura si materializzò come dal nulla all'interno e cominciò a sparare, mirando per uccidere.

I poliziotti si gettarono subito a terra e cominciarono a prendere le pistole pronti a rispondere al fuoco.
Quando la figura parlo' " Signori, vorrei tanto stare qui a giocare con voi, ma ho solo bisogno dell'agente Michele Ramino, so che lo tenete qui"

Il commissario Fumagalli si affacciò dal portone che dava sulla sala, vicino alla sala degli interrogatori" Alek, non so come abbia fatto a sapere immediatamente dell'omicidio di Giovanni, ma è chiaro che quell'uomo è lo stesso che ci ha attaccati poco tempo fa"

" Commissario, ma non era Michele l'assassino del simbolo della pace? Ce lo ha praticamente confessato"
La sua frase riechieggiò quasi irreale in quel caos.

" Il cielo mi fulmini se riesco a capirci qualcosa"

La figura avanzò, ed i poliziotti non aprirono il fuoco, come ipnotizzati " Signori, siamo tutti adulti e vaccinati, non facciamo scoppiare un gigantesco pasticcio!"
Detto questo un poliziotto gli si avventò contro, per tutta risposta, Ale lo schivò senza far rumore e gli conficcò qualcosa nel collo, iniziò a perdere sangue e si accasciò, senza un lamento.
" Figlio di puttana! Che gli hai fatto!"
" Alek!" La voce di Paolo lò fermo, era alle spalle del commissario e di Alek, e stava osservando la scena fin dall'inizio
" Non fare mosse avventate, è chiaro che quell'uomo ci vuole provocare per arrivare a Michele, il nostro scopo è quello di trovare il killer e lui vuole portalo via di qui"
" Ma signore, se vuole il killer, potremmo anche consegnarlo, vale molto più la vita dei nostri uomini"
" Alek noi non siamo ancora certi che Michele sia il killer, ed in ogni caso se questo uomo lo cerca, sono sicuro che i suoi scopi non siamo sicuramente nobili, per quanto sembra assurdo, devi proteggere Michele"
" Cosa?"
" Esattamente, se necessario portalo via di qui, ma non farlo cadere nelle mani sbagliate, per quanto ne sappiamo, potrebbero essere complici, ci serve vivo"
Ci fu un lungo silenzio
" Signor.." Alek venne interrotto da una visione raccapricciante, il poliziotto che si era accasciato poco prima si stava lentamente rialzando, aveva gli occhi vitrei e del sangue gli usciva dalla bocca e gli macchiava la divisa, emetteva suoni gutturali, e di sicuro, non aveva più una sua volontà.
" Bene" disse Paolo " Ora non c'è dubbio che sia effettivamente lo stesso uomo che vi ha attaccati" 
La sua voce tremava impercettibilmente, quasi incrinandosi.
" Ha ragione"
Il commissario Fumagalli  che era stato in silenzio fino a quel momento,  aveva parlato a voce bassa, ma decisa" Va via da qui e porta con te Vera, tornerai qui quando non ci sarà più pericolo"
" Ma signore.."
" VAI"
Nel suo sguardo vide per la prima volta qualcosa di diverso.
Era paura.
Non ebbero tempo di continuare a parlare, Ale ed il poliziotto avevano iniziato un mortale tiro al bersaglio sugli agenti di polizia.