domenica 6 aprile 2025

Peace ep. 17

 


il caos si era scatenato. Le luci intermittenti illuminavano il corridoio buio, mentre i protagonisti si precipitavano verso l'uscita, cercando di evitare gli sguardi minacciosi del Guardiano che si avvicinava sempre di più. Paolo, conscio del pericolo che incombeva su di loro, decise di fare un gesto estremo per permettere agli altri di fuggire.

"Ragazzi, andate avanti!", gridò Paolo, la sua voce risuonando tra i rumori della battaglia. "Io li trattengo, apritevi una via di fuga!"

Senza esitazione, Vera, Michele e Alek si posizionarono strategicamente e aprirono il fuoco contro i poliziotti rianimanti che bloccavano il loro cammino. Sparo dopo sparo, si frapposero tra di loro e i loro agguerriti avversari. Il suono assordante degli spari si mescolava ai lamenti dei poliziotti rianimanti, mentre il fumo dell'arsenale si alzava nell'aria.

Sfruttando il caos creato dalla loro audace azione, i tre protagonisti si fecero strada tra i cadaveri animati. Gli spari risuonavano nelle loro orecchie mentre si avventuravano nel labirinto della stazione di polizia. Il loro obiettivo era chiaro: raggiungere l'uscita e mettersi in salvo.

In mezzo al trambusto, Paolo continuava a tenere testa al Guardiano. I loro sguardi si incrociavano, una sfida silenziosa che rifletteva la forza del bene contro il male. Paolo sapeva di avere poco tempo, ma si aggrappava alla speranza che i suoi amici riuscissero a fuggire e a portare avanti la lotta.

Con ogni colpo sparato, con ogni passo coraggioso, Vera, Michele e Alek si avvicinavano sempre di più all'uscita. Non c'era tempo per esitazioni o dubbi, dovevano essere più forti degli orrori che li circondavano. Nonostante la paura che li avvolgeva, la loro determinazione era incrollabile.

Finalmente, con un'ultima raffica di spari, Vera, Michele e Alek si lanciarono fuori dalla stazione, lasciandosi alle spalle il macabro scenario. Mentre il loro cuore batteva a mille, sapevano che Paolo aveva dato loro la possibilità di continuare la lotta contro il Guardiano.

Il sacrificio di Paolo avrebbe lasciato un segno indelebile nelle loro anime, ma anche una fiamma di coraggio che avrebbe acceso la loro determinazione. Ora, con il fardello del suo sacrificio sulle loro spalle, si prepararono ad affrontare nuove sfide e a scoprire la verità che si nascondeva dietro l'oscurità che avvolgeva la città di Torino.


La frase pronunciata dal Guardiano, con voce fredda e penetrante, risuonò nel cuore dei protagonisti: "Il simbolo è la mia croce". Le parole avevano un'aura di minaccia e potere, rivelando un legame profondo tra il Guardiano e il misterioso simbolo della pace. Era chiaro che il Guardiano considerava quel simbolo come il suo punto di forza e, allo stesso tempo, come una sorta di ossessione che lo guidava nelle sue azioni. Quelle parole, cariche di significato, rafforzavano l'idea che il simbolo avesse un potere sconosciuto, capace di influenzare le sorti della città di Torino e dei suoi abitanti. Ora, i protagonisti dovevano scoprire il segreto celato dietro quella frase e decifrare l'enigma che legava il Guardiano al simbolo della pace, per poterlo sconfiggere una volta per tutte.





Una volta entrati nel rifugio, si trovano in una vasta sala sotterranea con pareti di pietra grezza e soffitti bassi. L'aria è umida e densa, e una tenue luce filtrata attraverso piccole finestre rende l'ambiente ancora più sinistro.

L'intero rifugio è pieno di oggetti abbandonati e rottami, coperti da una patina di polvere accumulata nel corso degli anni. Ci sono vecchi mobili logori, casse di legno sgretolate e attrezzi arrugginiti sparsi in giro. Lungo le pareti, si trovano scaffali che un tempo ospitavano viveri e provviste di emergenza.


Fumagalli, il commissario anziano e segnato dal tempo, tira fuori un pacchetto di sigarette e ne accende una con gesti lenti e ponderati. Le volute di fumo danzano nell'aria, creando una nuvola grigia intorno a lui. La sua figura imponente è avvolta da un'aura di mistero e autorità, mentre il fumo si mescola con la pioggia che cade implacabile fuori.

Il rifugio è un luogo buio e angusto, con pareti di pietra che sembrano respirare l'atmosfera di segreti sepolti. Le vecchie lampade a luce fioca diffondono una tenue luminosità, mentre le gocce d'acqua che filtrano dal tetto creano un ritmico battito sul pavimento di pietra.

Il rumore della pioggia che cade e batte contro le finestre è costante, come un accompagnamento sinistro alla tensione che pervade l'ambiente. Le strade di Torino, fuori dal rifugio, sono illuminate solo dalla luce pallida dei lampioni che si riflette sulle pozzanghere lasciate dalla pioggia incessante.

Il fumo delle sigarette di Fumagalli si mescola con l'odore dell'umidità e crea un'atmosfera avvolgente, quasi surreale. Ogni respiro sembra caricato di un senso di urgenza e di pericolo imminente.

Mentre la fiamma del suo accendino danza, Fumagalli guarda i suoi compagni, il volto segnato da anni di esperienza e di lotte contro il crimine. "Questa pioggia non fa che rendere tutto più inquietante. Ma dobbiamo restare concentrati. Il Guardiano è là fuori, in attesa di un'occasione per colpire di nuovo. Dobbiamo trovarlo prima che sia troppo tardi."



martedì 17 settembre 2019

Strange time



Martha li sente. Gli infermieri intorno a lei, tutti credono che lei non ci riesca più, che i suoni di tutti i macchinari che sono collegati al suo corpo siano ormai troppo lontani per lei. Eppure, lei li sente ancora tutti, sente il battito del suo cuore rallentare piano.
Credono anche che lei non veda. E invece ci vede perfettamente. Vede gli infermieri lavorare febbrilmente intorno a lei. Vede sua figlia ormai grande di fianco al suo letto, avverte la sua stretta sulla mano.
Le ricorda così tanto lui, ha i suoi capelli vermigli e i suoi occhi chiari, ha preso anche il suo carattere. Ha il suo stesso sorriso, e a Martha piacerebbe tanto riuscire a parlare per chiederle di smettere di piangere e farle vedere quel sorriso un’ultima volta, ma non ne ha la forza.
Sente l’energia abbandonarla piano, la vita scorrerle via con la lentezza infinita di un fiume destinato a prosciugarsi.
Con una fatica enorme, sposta lo sguardo verso il robot, venuto anche lui a salutarla un’ultima volta.
Ripensa alla propria vita, a come abbia passato gli anni a cercare di riempire il silenzio con quel robot, a come non sia mai stato abbastanza. Era l’ombra di lui, una controfigura, una facciata. Aveva troppo poco di lui perché a lei bastasse e troppo perché riuscisse a liberarsene. Era prigioniera del ricordo, incapace di sbarazzarsi del suo fantasma. Lo aveva lasciato vivere con loro, lo aveva lasciato vivere con sua figlia, pur non dicendole mai cosa significasse per lei. Ogni giorno della sua vita aveva dovuto convivere con la propria debolezza. Era rimasta prigioniera nel passato per anni e la sua unica carceriera era stata lei stessa.
Ma ora tutto sta per cambiare. Pur vedendo sua figlia piangere, pur essendo sul punto di morte non riesce a essere triste. Tra poco la sua sofferenza avrà una fine, non sarà più condannata a una vita a metà. Basta bugie, basta scappatoie, basta ricordi. In pochi attimi, non avrà più bisogno di surrogati. In pochi attimi ritroverà la persona che ha cercato in tutti quegli anni nel corpo di una macchina. In pochi attimi avrà davanti lui, e non sarà liscio al tatto, non riderà in modo innaturale, non le chiederà se ciò che dice è consono o no. In pochi attimi avrà davanti quel ragazzo imperfetto di cui si era innamorata, che scherzava sulle canzoni dei Bee Gees e le cantava con lei, che era capace di fermarsi a una stazione di servizio nel bel mezzo di un acquazzone solo perché aveva voglia di una bevanda calda, quel ragazzo al quale non piacevano i paesaggi mozzafiato, quel ragazzo che se n’era andato troppo presto e aveva lasciato un enorme buco nella vita di Martha, un buco che lei non era preparata a colmare.
Avverte le palpebre diventarle pesanti e chiudersi gradualmente, sente la macchina che segna i battiti del suo cuore emettere un suono fisso, intravede, in un’immagine sfocata e distante, sua figlia abbracciare il robot con le sembianze del padre. Poi tutto è confuso, i suoni sono sempre più lontani, e lei si trova in un corridoio scuro e, stremata, si lascia trasportare verso la luce dalla morte, accogliendola come un’ospite ben gradito. Sorride vede la luce avvicinarsi sempre di più.
Sto arrivando, Ash

giovedì 28 febbraio 2019

Un diavolo ubriaco

l male e il bene sono due concetti legati al pensiero comune e alla vostra soggettività. Ognuno di voi sa di fare del bene o di fare del male in base alle vostre azioni.
Io provo piacere nel fare del male, nel vedere la gente che soffre, che prega senza avere nulla in cambio, che si strugge nel vedere i propri sogni infranti; godo nel vedere il terrore negli occhi, l’odore della paura e la frequenza cardiaca che accelera quando ci si sta accorgendo di morire.
Chi, se non uno come me, può non conoscere il concetto di male, di odio?
Chi non meglio di me può conoscere il sapore della morte, chi non meglio di me?
Chi meglio di satana?
Io, a differenza degli esseri umani, del male conosco la forma perfetta, ne conosco il colore, perché io sono l’odio e la paura, io sono il vostro peggior incubo.
Io sono il male.
Fanculo a tutte quelle puttanate della Chiesa! Fanculo all’amore che professate ogni giorno, al rispetto, alla stima, alla pace! Sono tutti dei falsi valori che avete creato per essere sempre più schiavizzati e repressi, genuflessi verso un Dio che non vi vuole. Ad ogni passo verso la tomba vi avvicinerete sempre più al mio cospetto. Le vostre anime i vostri sogni, appartengo tutti a me.
Oggi quaggiù all’inferno mi annoio: il male non è più abbastanza, le urla qui dentro sono ormai diventate tutte uguali e monotone, conosco già a memoria il terrore contenuto negli occhi di ogni dannato. Voglio vedere qualcosa di nuovo. Ho voglia di fare del male da vicino, di strozzare, massacrare, deturpare qualcuno, di fare tutte quelle cose che mi hanno sempre affascinato dell’essere umano. Non devo, però, destare sospetti, quindi assumerò le sembianze di un uomo, magari piacente, dal capello folto, alto, ben vestito, con una voce calda e dall’occhio intrigante, così da catturare l’interesse anche del gentil sesso.
È la prima volta che vengo qui sulla terra nelle vesti di un essere umano, perché lasciare l’Inferno significa lasciare il mio trono e le anime dannate, senza un capo che comanda, si daranno alla pazza gioia e si lasceranno travolgere dai vizi più disparati - orge, risse e chi più ne ha più ne metta -. Una volta tornato sistemerò tutto, oggi facciamo questo strappo alla regola.
Come prima cosa voglio ubriacarmi, quindi raggiungerò uno dei pub più vicini, uno di quelli pieni zeppi di persone, dove si urla e si canta, dove gli uomini offrono da bere alle donne per infilarsi nelle loro mutandine. Il Wisconsin ne è pieno zeppo, così andai al Foxy Enemy, lungo Goldberg Street. Il locale è come l’ho immaginato: gente ubriaca, musica ad alto volume, un bancone con delle barlady seminude che servivano alcolici ad ubriaconi puzzolenti e barbosi. All’interno della sala ci sono anche dei tavoli da biliardo occupati da una decina di energumeni, che si sfidano raccontandosi storie di poco conto.
Sì, è proprio come lo immaginavo.
Mi dirigo verso il bancone per ordinare il primo cocktail. Guardo la barista e, con voce suadente, le dico: << Ciao, troietta, dammi un vodka tonic >>. La donna, quasi perversamente lusingata dall’appellativo che le ho affibbiato, mi sorride e, leccandosi le labbra, mi prepara il drink.
“Sono proprio affascinante”, penso tra me e me. Mi sono fatto proprio bello e anche la mia voce, penso, non è male: lo intuisco da come la barista mi ha guardato quando ho pronunciato quelle parole e da come freneticamente muove le labbra. Sono sicuro che mi voglia tra le sue cosce.
Ma io voglio molto di più.
Io voglio berle il sangue, mangiarle il cuore, cavarle gli occhi, deturparle il viso. Non smettiamo di guardarci, io e lei, e io non smetto di bere. L’alcool comincia a farsi sentire e la mia fame di sangue sale sempre di più.
L’intenso scambio di sguardi, però, viene interrotto da un tipo rissoso, grasso e puzzolente, che urtandomi mi dice: << Scansati, imbranato! Cos’è, il tempo delle mele? Fammi ordinare da bere, imbecille.>>.
Ci vuole coraggio per sfidare Satana in persona, il più cattivo dei cattivi, il Male incarnato in uomo. Devo trattenermi, quindi, serrando i denti e senza battere ciglio, gli afferro il polso e lo piego verso il basso rompendoglielo, per farlo poi accasciare sul pavimento. Poi, con una ginocchiata, gli spacco il naso facendolo decisamente sanguinare. Altri cinque dei suoi amici barbuti si avvicinano verso di me. Afferro di colpo una stecca da biliardo e procedo con dei colpi serrati alla testa, per stendere ognuno di loro sul pavimento. Il mio desiderio è di ucciderli uno per uno, ma non voglio spaventare la ragazza che, vedendomi uccidere gente a sangue freddo, potrebbe prendermi per un serial killer senza scrupoli. Desterei troppi sospetti e lei perderebbe interesse verso di me, se non è già avvenuto. Quindi getto la stecca cosparsa di sangue sul pavimento ed esco dal locale. Messo un piede fuori dalla porta, mi sento afferrare e tirare delicatamente il braccio, mi volto serrando la mano pronto a colpire, ma è solo la barista che mi chiede di venire con me.
La preda si avvicina, inconsapevole, sempre di più alla tana, scambiandomi per un qualsivoglia uomo affascinante dalle gesta eroiche. Io sempre più affamato di sangue, lei sempre più bramosa di sesso. Proprio fuori dal locale c’è parcheggiata una RC212V, sicuramente proprietà di uno degli uomini che adesso si trova steso sul pavimento del Foxy Enemy e che ha fiduciosamente lasciato le chiavi attaccate alla moto da corsa.
Guardo la donna, guardo la moto e con tono deciso e le ordino: << Sali, troietta. >>.
Riesco a sentire il brivido della velocità e il vento gelido che mi batte sul viso, mi eccita. La donna, ormai, è la mia preda e mi abbraccia da dietro, massaggiandomi l’interno coscia, mi faceva capire che voleva solo una cosa.
Dopo aver girato a zonzo per le strade del Wisconsin, mi fa strada verso casa sua, parcheggio il bolide sotto casa e mi fa entrare. Mentre salgo le scale che portavano alla porta standole dietro, lei, che indossa una minigonna e fa ondeggiare il culo di fronte al mio viso, non so come, ma qualcosa si fa duro sotto la cintura dei miei pantaloni.
Entriamo dentro casa, subito ci spogliamo. La mia erezione aumenta, la mia pulsione sessuale è arrivata al limite, i nostri corpi sono ormai nudi, distesi sul letto; le nostre labbra si incontrano e siamo tutti cosparsi di saliva. Sento il suo cuore che accelera e i suoi gemiti che non assomigliano ai lamenti delle anime schiave dell’Inferno: erano sì urla, ma di piacere, di goduria. Mentre la penetro, sommerso in quell’impeto di passioni confusionali, arrivo a concepire che anche il male è in grado di dare piacere.
Si è fatto mattino, si sento le gocce di pioggia che batto sul tetto di casa, la finestra della stanza cigola; dalle mie spalle escono le ali squamose che hanno spaccato l’involucro di pelle che ho creato. Sono pronto a spiccare il volo verso gli Inferi, ma mi volto un’ultima volta verso la stanza: le lenzuola bianche sono tutte ricoperte di sangue e sopra vi giace la barista, di cui non so nemmeno il nome, sventrata, lasciata lì senza cuore. Io Ho ormai acquisito le mie sembianze demoniache, e dal davanzale della finestra, prima di volare via, sorrido compiaciuto guardando la mia opera d’arte, mentre mordo il cuore della donna. << Hai un buon cuore, troietta.>>. Volo via.
Cari lettori miei, cosa vi aspettavate? Ebbene sì, ho dovuto farlo. Dopotutto, io sono il male e, una volta giunto sulla Terra, non potevo che godere della vostra vulnerabilità, sfamarvi saziandovi con la vostra stessa fame, giocare con la vostra ira.
Il Male può darvi anche piacere, può togliervi la vita e possedervi. Io non conoscerò mai il bene, e mai ne farò: quindi qualsiasi finale diverso sarebbe da considerarsi assurdo.
Nel male non esiste il bene e nel bene non esiste il male - ovviamente non secondo quelle puttanate cinesi dello yin e yang, ma questa è solo una mia concezione -. Chiunque la pensi diversamente, può cercarmi e avere un confronto con me.

mercoledì 9 gennaio 2019

Peace ep. 16
















Accadde tutto molto in fretta.
Un battito di ciglia.

Il portone d'ingresso della stazione di polizia si sbriciolò come se fosse fatto di gesso, con un fracasso assordante, quasi irreale.
Una figura si materializzò come dal nulla all'interno e cominciò a sparare, mirando per uccidere.

I poliziotti si gettarono subito a terra e cominciarono a prendere le pistole pronti a rispondere al fuoco.
Quando la figura parlo' " Signori, vorrei tanto stare qui a giocare con voi, ma ho solo bisogno dell'agente Michele Ramino, so che lo tenete qui"

Il commissario Fumagalli si affacciò dal portone che dava sulla sala, vicino alla sala degli interrogatori" Alek, non so come abbia fatto a sapere immediatamente dell'omicidio di Giovanni, ma è chiaro che quell'uomo è lo stesso che ci ha attaccati poco tempo fa"

" Commissario, ma non era Michele l'assassino del simbolo della pace? Ce lo ha praticamente confessato"
La sua frase riechieggiò quasi irreale in quel caos.

" Il cielo mi fulmini se riesco a capirci qualcosa"

La figura avanzò, ed i poliziotti non aprirono il fuoco, come ipnotizzati " Signori, siamo tutti adulti e vaccinati, non facciamo scoppiare un gigantesco pasticcio!"
Detto questo un poliziotto gli si avventò contro, per tutta risposta, Ale lo schivò senza far rumore e gli conficcò qualcosa nel collo, iniziò a perdere sangue e si accasciò, senza un lamento.
" Figlio di puttana! Che gli hai fatto!"
" Alek!" La voce di Paolo lò fermo, era alle spalle del commissario e di Alek, e stava osservando la scena fin dall'inizio
" Non fare mosse avventate, è chiaro che quell'uomo ci vuole provocare per arrivare a Michele, il nostro scopo è quello di trovare il killer e lui vuole portalo via di qui"
" Ma signore, se vuole il killer, potremmo anche consegnarlo, vale molto più la vita dei nostri uomini"
" Alek noi non siamo ancora certi che Michele sia il killer, ed in ogni caso se questo uomo lo cerca, sono sicuro che i suoi scopi non siamo sicuramente nobili, per quanto sembra assurdo, devi proteggere Michele"
" Cosa?"
" Esattamente, se necessario portalo via di qui, ma non farlo cadere nelle mani sbagliate, per quanto ne sappiamo, potrebbero essere complici, ci serve vivo"
Ci fu un lungo silenzio
" Signor.." Alek venne interrotto da una visione raccapricciante, il poliziotto che si era accasciato poco prima si stava lentamente rialzando, aveva gli occhi vitrei e del sangue gli usciva dalla bocca e gli macchiava la divisa, emetteva suoni gutturali, e di sicuro, non aveva più una sua volontà.
" Bene" disse Paolo " Ora non c'è dubbio che sia effettivamente lo stesso uomo che vi ha attaccati" 
La sua voce tremava impercettibilmente, quasi incrinandosi.
" Ha ragione"
Il commissario Fumagalli  che era stato in silenzio fino a quel momento,  aveva parlato a voce bassa, ma decisa" Va via da qui e porta con te Vera, tornerai qui quando non ci sarà più pericolo"
" Ma signore.."
" VAI"
Nel suo sguardo vide per la prima volta qualcosa di diverso.
Era paura.
Non ebbero tempo di continuare a parlare, Ale ed il poliziotto avevano iniziato un mortale tiro al bersaglio sugli agenti di polizia.

venerdì 2 novembre 2018

Il grande dittatore - monologo






Mi dispiace, ma io non voglio fare l’imperatore, non è il mio mestiere. Non voglio governare, ne’ conquistare nessuno, vorrei aiutare tutti se possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l’un l’altro.
In questo mondo c’è posto per tutti: la natura è ricca, è sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica, ma noi lo abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’odio, ci ha condotti a passo d’oca fra le cose più abbiette.
Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha trasformati in cinici, l’abilità ci ha resi duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari, ci serve umanità, più che abilità, ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è violenza, e tutto è perduto.
L’aviazione e la radio hanno riavvicinato le genti, la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà nell’uomo, reclama la fratellanza universale, l’unione dell’umanità. Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, miolini di uomini donne e bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente.
A coloro che mi odono io dico: non disperate! L’avidità che ci comanda è solamente un male passeggiero, l’amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano.
L’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori. E il potere che hanno tolto al popolo, ritornerà al popolo. E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa.
Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare! Che vi irregimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie! Non vi consegnate a questa gente senza un’anima! Uomini macchina, con macchine al posto del cervello e del cuore! Voi non siete macchine, non siete bestie, siete uomini! Voi avete l’amore dell’umanità nel cuore! Voi non odiate, coloro che odiano sono quelli che non hanno l’amore altrui!
Soldati! Non difendete la schiavitù, ma la libertà! Ricordate nel vangelo di San Luca è scritto: “il Regno di Dio è nel cuore dell’uomo”, non di un solo uomo, o di un gruppo di uomini, ma di tutti gli uomini! Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, la forza di creare la felicità. Voi il popolo avete la forza di fare che la vita sia bella e libera, di fare di questa vita una splendida avventura. Quindi, in nome della democrazia, usiamo questa forza. Uniamoci tutti! Combattiamo per un mondo nuovo che sia migliore, che dia a tutti gli uomini lavoro, ai giovani un futuro, ai vecchi la sicurezza.
Promettendovi queste cose, dei bruti sono andati al potere. Mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo faranno. I dittatori forse sono liberi, perchè rendono schiavo il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse. Combattiamo per liberare il mondo eliminando confini e barriere, eliminando l’avidità, l’odio e l’intolleranza! Combattiamo per un mondo ragionevole, un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere.
Soldati! In nome della democrazia, siate tutti uniti!
Hannah, puoi sentirmi? Dovunque tu sia abbi fiducia.
Guarda in alto, Hannah! Le nuovole si diradano, comincia a splendere il sole. Prima o poi usciremo dall’oscurità verso la luce e vivremo in un mondo nuovo, un mondo più buono, in cui gli uomini si solleveranno al di sopra della loro avidità, del loro odio della loro brutalità.
Guarda in alto, Hannah! L’animo umano troverà le sue ali e finalmente comincerà a volare, a volare sull’arcobaleno verso la luce della speranza, verso il futuro, il glorioso futuro che appartiene a te, a me, a tutti noi.
Guarda in alto, Hannah.
Lassù!

martedì 25 settembre 2018

Il Divo - Monologo





“Livia, sono gli occhi tuoi pieni che mi hanno folgorato un pomeriggio andato al cimitero del Verano. Si passeggiava, io scelsi quel luogo singolare per chiederti in sposa – ti ricordi? Sì, lo so, ti ricordi. Gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sapevano, non sanno e non sapranno, non hanno idea. Non hanno idea delle malefatte che il potere deve commettere per assicurare il benessere e lo sviluppo del Paese. Per troppi anni il potere sono stato io. La mostruosa, inconfessabile contraddizione: perpetuare il male per garantire il bene. La contraddizione mostruosa che fa di me un uomo cinico e indecifrabile anche per te, gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sanno la responsabilità. La responsabilità diretta o indiretta per tutte le stragi avvenute in Italia dal 1969 al 1984, e che hanno avuto per la precisione 236 morti e 817 feriti. A tutti i familiari delle vittime io dico: sì, confesso. Confesso: è stata anche per mia colpa, per mia colpa, per mia grandissima colpa. Questo dico anche se non serve. Lo stragismo per destabilizzare il Paese, provocare terrore, per isolare le parti politiche estreme e rafforzare i partiti di Centro come la Democrazia Cristiana l’hanno definita “Strategia della Tensione” – sarebbe più corretto dire “Strategia della Sopravvivenza”. Roberto, Michele, Giorgio, Carlo Alberto, Giovanni, Mino, il caro Aldo, per vocazione o per necessità ma tutti irriducibili amanti della verità. Tutte bombe pronte ad esplodere che sono state disinnescate col silenzio finale. Tutti a pensare che la verità sia una cosa giusta, e invece è la fine del mondo, e noi non possiamo consentire la fine del mondo in nome di una cosa giusta. Abbiamo un mandato, noi. Un mandato divino. Bisogna amare così tanto Dio per capire quanto sia necessario il male per avere il bene. Questo Dio lo sa, e lo so anch’io.”

venerdì 21 settembre 2018

Iago




io odio il Moro… Si è anche bisbigliato, qua e là, che egli mi abbia sostituito nel dovere coniugale tra le mie lenzuola.
Non so quanto sia vero, ma per un semplice sospetto del genere io agirò come avessi certezza.
Di me egli si fida; e tanto meglio agiranno su di lui le mie macchinazioni.
Cassio è un bell’uomo… Vediamo un po’…
Prendergli il posto, e far culminare il mio piano in un colpo doppio…
Ma come? Come?
… Ecco… Fra un po’ di tempo, potrei stillare nell’orecchio di Otello che Cassio è troppo in intimità con sua moglie.
Cassio ha un aspetto e un carattere soave, che sembran fatti apposta per far sospettare gli uomini e per far girare il capo alle donne.
ll Moro è d’indole semplice e franca.
Crede onesti quegli uomini che appena lo sembrano. E si farà menare per il naso docilmente come un somaro.
Ho trovato… L’idea c’è.
Poi l’inferno e la notte porteranno alla luce questo parto mostruoso.