sabato 21 ottobre 2017

Cose che accadono di notte





La ricerca porta Gianni a un paesino di sua conoscenza, che però si trovava dalla parte opposta di quella di casa sua. 
Come cazzo era possibile?
Fortunatamente un suo vecchio compagno di scuola, Paolo, ci abitava e sapeva che possedeva un B&b proprio
 fuori dalla città.
Parcheggiò sotto il B&b di Paolo, o almeno quello ricordava fosse l'edificio, che appariva stranamente dismesso, ma l'ultimo piano era illuminato.
Evidentemente gli affari non gli andavano benone. Entrò dopo aver suonato, tirando il portone e rimase quasi sconvolto dal vedere un enorme orologio a pendolo torreggiare proprio di fronte l'entrata in legno. Erano le 23:56
Paolo dall'alto, con la sua solita voce gioviale, gli disse
"Gianni ma sei tu??? Diocane sali prima che scocchi la mezzanotte o ti trapana i timpani quel maleddetto orologio"
Paolo parlava dal secondo piano, ma riuscì a capire ogni sua parola vista l'assenza dei classici rumori diurni.
Cominciò a salire e gli rispose
"Menomale che sei ancora sveglio, pensavo di rimanere fuori a dormire in macchina"
"Ma figurati, ci mancherebbe. Ma sbrigati, quel dannato orologio a mezzo e a mezzanotte fa un rumore che porcoddio mi trema tutta la casa".
Gianni arrivò al primo piano e grazie alla forma quadrata delle scalinate intravide la figura illuminata di Paolo. Fece ancora mezzo piano per ritrovarsi a pochi metri da Paolo, pronto a dargli la mano.
Ma Paolo non c'era
La luce si era fulminata
E non vedeva nulla se non il contorno della figura di Paolo
Un contorno che non combaciava. Stette in silenzio per abituarsi al buio, e più tempo passava e più scopriva particolari di quella figura più capiva che non era Paolo quello di fronte a lui.
Paolo non aveva le gambe così secche
Non era così alto
Non aveva gli occhi luminescenti
Nè un sorriso così tanto...
Acuto
Dopo qualche minuto di imbarazzante terrore, Gianni fece un passo indietro
"Paolo?"
...
"Paol-"
"NO"
Scappò, corse, come mai in vita sua. E il pendolo suonò il primo rintocco. Sentì del metallo gelido sfiorargli in peli della nuca. Si spinse verso giù facendo perno sul corrimano della scala.
Secondo rintocco.
Arrivò a metà tra il primo e il secondo piano
Terzo, quarto, quinto rintocco
Un ruggito, ultraterreno, gli mosse le interiora
Sesto, settimo, ottavo rintocco
Sentì un dolore al braccio sinistro, ma non se ne curò
Nono, decimo, undicesimo rintocco
Lo sentiva più vicino che mai, non ce l'avrebbe fatta a fare l'ultima svolta delle scale. Si buttò, in corrispondenza del pendolo, che si sbilanciò subito e abbatté la porta, lanciandolo verso la strada, rotolando per qualche metro.
Stordimento, confusione
Dolore, fiacca
Era a pochi passi dall'auto e se li fece istintivamente. Non era il cervello a muoverlo, ma la memoria dei muscoli.
Accese la macchina e si fiondò dalla direzione dalla quale era venuto.
Era visibilmente teso e scioccato
Non poteva essere vero, no no no NO
Dirigendosi verso la ditta, un barlume di speranza gli si accese
La macchina di Luigi era parcheggiata sul ciglio della strada, nella sua stessa direzione
Sperando in un volto amico, rallentò, fiancheggiando l'altra auto.
Ma vide l'autostoppista di prima di fronte l'auto, intento ad accendersi una sigaretta, con addosso i vestiti di Luigi. Luigi era sul cofano, con gli occhi aperti e serrati, il volto contratto di dolore, del tutto nudo.
Faceva fatica a respirare, ma è normale avere queste difficoltà se hai il petto perforato dalla leva del cambio. L'uomo con i vestiti di Paolo alzò lo sguardo dopo essersi acceso la sigaretta, lo vide e gli sorrise.
Accellerò
Si chiuse nel bagno della ditta, pregando il suo dio di farlo uscire vivo da quella nottata


IL MATTINO SEGUENTE, ORE 8:03

"Qualcuno può vedere che fine ha fatto Luigi? 

martedì 8 agosto 2017

Follia serale.






Aperitivo.
Bevo senza ritegno. Finisco pure l acqua dei cessi. Sono una fogna di merda.

Sto per tornare a casa quando vedo arrivare un mio amico.

" we Ale, te la fumi una bomba?"

" no frate. Sai che l'unica cosa che non faccio è fum

" dai dai l ho gia accesa. Allora? Come ti va la vita?"

Rimaniamo su una panchina a fumare e parlare. Dopo una mezz oretta lo saluto, mi alzo, e mi sale una fattanza da guinnes.
Son felice. Ubriaco. Ho visioni. Sesto senso.

Arrivo a casa non so come. 
Parcheggio. Non so come.

Schiaccio il pulsante per prender l ascensore quando il mio sguardo bieco cade sulla casella della posta.

Una bella raccomandata mi aspetta immacolata ripiegata nel mio scomparto.

Dio cane.

Guardo l ora. 
7 meno 20.

Dai, se vado adesso ce la posso ancora fare. 
Vedo che cazzo è, pago il tutto, e me la levo dai coglioni.

Cosi, fatto come un cinghiale, vado in posta.
Vedo tutto colorato. Ovattato. Filtro di instagram.

Entro in posta e trovo una coda che poerco il dio manco nel cammino di Santiago.

Cosi aspetto. Mi metto in fila.
Barcollo. Puzzo di alcool. Ho occhi cosi rossi che Predator mollami.

Ogni secondo che passa lotto per rimanere in vita quando vedo sto bambino attaccato alla madre davanti a me.
Lei parla con una voce squillante al telefono. Lui. Lui mi fissa.

" enno amore mio. Siamo in coda in posta. Sai devo pagare la bolletta poi devo andare... "

Parla di cose inutili che a me fregano tanto quanto la morte del cane di mio zio.
Ma quel bimbo. Quel bimbo mi continua a fissare.

Lo guardo, e con una falsità che Giuda mollami, sorrido e gli faccio un ciao con la mano.

Questo si stacca dalla manica della madre, mi si avvicina, e mi tira un pugno nei coglioni.

Io arranco. Mi piego. Piango. Dawson's Creek.

Mi rialzo. Lui corre verso la madre e fa il vago.

" signora.. Signora ha visto suo figlio? "

Lei non mi caga. Continua a parlare con chissà chi e di chissà cosa.

Io mi pulisco dalle lacrime. Guardo il figlio di puttana. Sorride. Bastardo.

Prendo il telefono in mano e navigo un po su facebook. La fattanza è a livelli interstellari che Nolan mollami. 
Con la coda dell occhio vedo il bambino che viene ancora verso di me. 
Io son troppo fatto per dirgli qualcosa.

Mi prende per il giubbotto e mi dice.

" scusa "

Mi si scioglie il cuore. Mi abbasso. Arrivo alla sua altezza.

" piccino mio. Ma figur

Mi tira un pugno sul naso. Scappa dalla madre e fa finta di niente.

Li scoppio.

" signora! Signora porco dio!! Ma che cazzo ma lo tiene lei o lo butto in una grondaia sui figlio! "

Mentre parlo sbiascico. Non ci capisco un cazzo.

Lei non mi caga. Sembra scocciata.

La prendo per una spalla. 

" allora! Mi caga o no che cazzo! "

" scusami un attimo." Mette via il telefono. Mi guarda inviperita.  " si puo sapere che cazzo vuoi? "

" io che cazzo voglio? Io che cazzo voglio? Se si comportasse da Madre con la M maiuscola, avrebbe visto che cazzo sta combinando suo figlio da 5 minuti a questa parte! "

" ma cosa sta dicendo?! "

" che mi ha rotto il cazzo, e pure il naso. E in senso letterale. Quindi. O se lo tiene al guinzaglio o io

" ma lei è pazzo! Di che figlio sta parlando?! "

" come di che figlio sto parlando. Esattamente

Abbasso lo sguardo

" di ... Quel .... "

Guardo vicino alla signora

" bambino... Che aveva... Attaccato alla manica..."

E non c e nessuno..

" guarda che occhi c'hai. E puzzi di alcool. Se non te ne vai a casa chiamo la polizia."

Esco di corsa dalla posta. Ma che cazzo di dio. Sono spaesato. Pazzo. Rincoglionito. Shutter island.

Prendo la macchina e torno al bar.
Ribecco il mio amico. Con occhi iniettati di sangue lo imploro di dirmi che cazzo mi ha fatto fumare.

" oh ti ha preso bene eh?! L ho presa in Olanda. Ti fa fare dei viaggi spaziali vero? "

Non trovo le parole. Mi viene da piangere. Dio porco stavo per ammazzare una signora per colpa di un bimbo inesistente.

" dai Ale, facciamoci una botta che ti passa. "
Lo guardo.

Sorrido. 

Ok.

domenica 2 aprile 2017

Effimero.






Tutto è effimero.
Una schifezza.
Peggio.
Tutto ha poco senso.
E più vado avanti nella mia esistenza
meno motivazioni trovo nel continuarla.
Tutto ugualmente inutile.
Non esiste gioia o momento felice che non sia ammantato dall'oscurità
un'ombra pronta a toglierci via il sorriso.
TUTTO
EFFIMERO.
L'amore, 
l'amicizia,
 i progetti
 e queste sensazioni che ora provo, 
svaniranno
 senza lasciare nemmeno una traccia
 che possa testimoniare della loro esistenza.
Svaniranno.
Come svanirò anche io.
PUFF.

domenica 26 febbraio 2017

Oggi no.


Ho 17 anni e non vado molto d'accordo con gli altri.

In realtà non è proprio la prima volta che faccio questa audizione, ecco.

Ora che ci ripenso l'ho già fatto una volta. Ma non mi ricordo, magari mi sbaglio non lo so.

 Lasciamo perdere, va. Forse dovrei cominciare col farvi sentire il monologo che ho preparato.

 Me ne ero trovato uno figo, eh. Solo che ora... Non me lo ricordo.

 E lo so, lo so.

Non posso mica stare qui in piedi a non far nulla.

Non voglio essere respinto una seconda volta, eh.

 Vediamo, mi serve una storia. Vediamo.

Potrei raccontare la mia. Una storia vale l'altra, no?

E la mia è una storia come un'altra. È una storia che comincia con un ragazzo che trova una pistola,

nel comodino della camera da letto del padre.

Non fraintendetemi, mio padre non era un violento. Infatti la pistola la teneva scarica.

Per tutti questi anni mi sono chiesto quale fosse l'utilità di tenere una pistola scarica.

Ho pensato che la semplice idea di avere un'arma in casa lo facesse sentire tranquillo.

E in effetti è così. Ho cominciato a essere ossessionato dalla pistola.

Perché? Perché mi faceva stare tranquillo. Perché con quella in mano avevo una scelta.

Ogni volta che mi sentivo triste, arrabbiato, salivo in camera dei miei genitori e prendevo la pistola

scarica di mio padre. Mi bastava toccarla per sentirmi tranquillo. Perché? Perché potevo scegliere!

Litigavo con mia madre? Potevo prendere la pistola e spararle.

La mia ragazza mi faceva incazzare? Potevo prendere la pistola e spararle.

E prima che cominciate a pensare male: no, non l'ho mai fatto.

Ma avrei potuto! Potevo scegliere! E questo bastava a farmi sentire tranquillo! A farmi sforzare di

andare d'accordo col mondo.

Eppure c'erano cose che neanche la pistola poteva calmare.

Ricordo quando sono venuto qui, da voi. Sì, io questo provino l'ho già fatto!

E ho fallito. Mi avete respinto. E io sono tornato a casa.

Sì, ora lo ricordo. Torno a casa. Torno a casa come se niente fosse.

 Neanche oggi vado d'accordo con gli altri. Mia madre mi dice di prendere l'acqua e di riempire il

frigorifero.

Potrei prendere la pistola e spararle. Va bene, è scarica. Ma potrei prenderla e spaccarle la testa col

calcio.

Ma non lo faccio.

E sono costretto a prendere l'acqua e a caricarla in frigo.

Salgo in camera mia. La mia ragazza è venuta trovarmi.

Si sta guardando allo specchio. "Amore ti sembro ingrassata? Eh amore?"

In effetti forse è un po' più grassa. O magari è solo una mia impressione.

 Cazzo non lo so. Che cosa le dico?

Potrei andare in camera dei miei, prendere la pistola e tramortirla con il calcio.

Ma non lo faccio e so o costretto a guardare il suo dimagrimento, ingrassamento o qualunque cosa

sia. E... Merda.

Al diavolo tutto c'è solo una cosa che può calmarmi. Vado in camera dei miei, prendo la pistola e

comincio ad accarezzarla.

Ma non funziona.

Non va bene.

 Non riesco a calmarmi.

La mia ragazza entra in camera. "Amore".

Mi punto la pistola alla testa. Che vuoi che succeda? È scarica.

"Amore va tutto bene?"

"Certo amore. Sto benissimo".

Neanche oggi. Vado d'accordo con gli altri.

(Sparo)

sabato 21 gennaio 2017

Peace ep.14

Non riesco a chiudere occhio.
Nella mia mente rimbomba l'eco di quelle poche ma nitide parole: «Ci rivedremo presto...».
Lo ha visto! Non può non averlo visto! Era lì, nel bel mezzo del corridoio, come un quadro da mostrare con orgoglio agli ospiti, a cui spettava ammirarlo nei più minimi dettagli: tre linee, un punto di incontro, un cerchio che le circondava, rosso sangue, che spiccava sulla parete giallognola e malmessa.
Giovanni, che tu sia maledetto!
Solo, figure e pensieri affollano la mia mente; creano mille immagini e rumori che non mi permettono di assopirmi e sprofondare nel baratro del mio subconscio.
BUM BUM BUM
Un brivido corre lungo la mia spina dorsale, che mi immobilizza con gli occhi persi nel buio della notte ormai tarda.
BUM BUM BUM
BUM BUM BUM
Bussano alla porta, a quest'ora della notte: lo sapevo, lo sapevo! Sono stato sprovveduto, ho sbagliato, ora ne pago le conseguenze. Me lo merito, me lo merito!
BUM BUM BUM
La stanno buttando giù! Cerco di coprirmi il più possibile con le strette coperte, che spero mi facciano da scudo contro ciò che stava per sbarrarmi gli occhi una volta per tutte.
Il rumore della porta che viene sfondata. Una luce, come di una torcia, che risplende all'improvviso dritta nei miei occhi, accecandomi:
«Eccolo, eccolo! Lo abbiamo trovato! Prendetelo, forza!»
Un'ombra si avvicina a me minacciosa, allunga le sue lunga braccia verso il mio corpo e finalmente spalanco gli occhi, respirando affannosamente nel cuore della notte.
Si son fatte le 4.
Basta! Adesso basta! Non resisto più... sto impazzendo...
Mi reco verso la cucina, arrancando nelle tenebre, andando a tentoni e tastando le pareti. Ecco, finalmente... accendo la luce, afferro un coltello, me lo punto dritto sui polsi. Mentre una lacrima mi scorre sul volto, coi denti serrati...
La lama cade sul pavimento di marmo, scalfendo una mattonella, ed io con lo sguardo fisso al suolo e con i pugni chiusi, decido che questa storia deve finire una volta per tutte.
Mi infilo il cappotto, raccolgo il coltello da terra e mi fiondo fuori.
Non ho più nulla da perdere.



Qualcuno bussava alla porta... controllai la sveglia: le 4:30. Chi poteva essere a quell'ora della notte? Uno scherzo di cattivo di gusto da parte di qualche ragazzino che aveva alzato un po' troppo il gomito quella sera, di sicuro.
Richiusi gli occhi, ma quel rumore non accennava ad acquietarsi.
Infastidito, appoggiando il primo piede sul freddo pavimento dell'appartamento, mi tornò alla mente l'incontro della giornata precedente con Michele... sembrava così strano, qualcosa lo turbava, lo infastidiva. Forse questa storia degli omicidi era diventata troppo stressante un po' per tutti.
Attraversai il corridoio, con la testa pesante a causa dell'improvviso risveglio. Accesi la luce nella sala d'ingresso e quasi sbarrai gli occhi a causa dell'improvvisa quantità di luce che colpì le mie pupille, ormai abituate all'oscurità.
«CHI È CHE SI DIVERTE A QUEST'ORA? ANDATE VIA, VECCHI UBRIACHI!» gridai.
Il trambusto, però, aumentava sempre più. Alzai lo spioncino, e sbirciai al di là della porta. Non credevo ai miei occhi: era Michele.
Levai il chiavistello:
«Michele! Cosa ci fai qui a quest'or...»
Un'ondata di freddo mi trapassò il petto. Abbassai lo sguardo: un pugnale trafiggeva il mio sterno, dal quale un rivolo di sangue colava denso, finendo per macchiare il pavimento.
Alzai lo sguardo: l'ultima cosa che vidi fu lo sguardo vuoto di Michele che mi fissava con un'espressione apatica, che non faceva trasparire alcuna emozione.



Arrivai a casa.
Mi ero dimenticato di chiudere a chiave la porta dell'appartamento. Estrassi il coltello sporco di sangue dalla tasca e lo gettai nel lavabo della cucina.

Mi tuffai sul letto, con ancora indosso il cappotto, che pesava sul mio corpo, mentre nel lavandino una lama colma del sangue di Giovanni, che pesava sulla mia mente.