-Devo andare.
-E’ ancora
buio.
-Mi chiamano.
-Non sento
nessuno.
-Urlano il mio
nome, al di là della valle. Vogliono che io torni. E anche se non lo chiamano
più, lo chiamarono già tanto prima, che ancora risuona.
-Lasciali
chiamare.
-Non posso
deludere la loro attesa.
-Tutte le
attese sono di per sé deluse.
-Mai giunse
chi ti aspettavi?
-Mai.
-E quando mi
vedesti, sulla collina, camminare fra i fiori, verso di te (c’era tutta quella
luce), non mi aspettavi, forse? E non fui all’altezza della tua attesa?
-Non eri
quello che mi aspettavo.
-E cosa
aspettavi?
-La felicità.
-E cos’hai
trovato?
-Dolore.
-E’ ora che io
vada.
-Rimani.
-Non hai già
sparso abbastanza sangue per mia causa? Con me giunse il dolore. Con me
partirà.
-Non è così
semplice.
-Spiegamelo.
-Io amo questo
dolore.
-Oh cristo, ci
sono così tante malattie mentali riconducibili a questa frase, che non so
neanche quale nominare per prima.
-No. Io non
amo la morte. Non amo il dolore. Io amo te. Questo amore è dolore. E io amo
questo dolore. E’ vita. E’ la caviglia che scricchiola sul sentiero di
montagna. E’ il sudore che inzuppava i vestiti di Michelangelo, sdraiato a
dipingere la Creazione sulla volta della Cappella Sistina. Il mio dolore sono
le macchie di vernice sulla tuta di lavoro di mio padre quando ci abbracciava,
tornato a casa. E’ dolore e tormento e dolcezza e armonia. E’ il dolore che
chiamano felicità.
-Dicesti che non
conoscesti felicità con me.
-Non conobbi
la Felicità. Abbiamo tutti in testa un’idea di Felicità come perfezione,
appagamento supremo di tutti i nostri desideri. Non è la felicità di cui parlo
io. Quella che conosco non è così pura:
è sporca, e maltrattata, e mortale, ma, ah!, per quegli attimi di beatitudine
darei ogni centimetro della mia carne.
-Siamo stati
felici, insieme.
-No. Non
esiste felicità passata. Esiste solo l’amare, e l’essere, non l’aver amato, non
l’essere stato.
-E sei felice,
ora, qui, con me?
-In mezzo a
oceani di dolore, bufere di dubbio, desiderio di morte, io sono sempre felice,
con te.
-Mi
dimenticherai?
-Si può
dimenticare la felicità?
-Sì.
-Sì. Ma
lascerà tracce di speranza. E quelle non andranno via.
-Mi
ricorderai, dunque.
-Il mio cuore
ti ricorderà.
-Devo andare.
-Tornerai.
-Non lo so.
-Si torna
sempre a casa.
-Forse solo
per morire.
-E morirai.
-Sarà una
morte dolce, se sarò a casa.
-Può la morte
essere dolce, davvero?
-Può esserlo
la vita?
-Tu mi hai
insegnato a sperare. Saprò continuare.
-Speranza e
attesa vengono sempre deluse.
-Ma non per
questo valgono meno. Tu lo dicesti. E io ricorderò.
-Tornerò, mio
sole.
-Tornerai, mia
luna.
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