giovedì 23 gennaio 2014

Invocazione.

Ascoltami, mentre ti prego in questa buia notte di fine gennaio,
 il mare in tempesta, il tuo bacio caldo sulla mia fronte,
 il nostro sesso viscido sotto le lenzuola bianche di un letto perduto tra oggetti dimenticati nel angolo della tua stanza,
 in cui il profumo di sale sui tuoi vestiti appena lavati mi fa sentire a casa.
 Perchè sei tu, il niente dei miei desideri più perversi, incontrollabili, maledettamente sporchi.
E sta zitta, per una volta, chiudi questa cazzo di bocca e fatti distruggere in tutti quei pezzi che mai raccoglierò da terra, devi stare sotto i miei piedi, silenziosa nella tua paura di essere sbranata, fottuta o, semplicemente, amata.
 Conoscendoti, non avrei mai detto fossi cosi tremendamente pallida, unica nei tuoi vuoti, piccola tra le mie mani, fino a strozzarti.
 Assapora la mia vendetta, sai che non sarà mai abbastanza, sai che mai potrò lasciarti andare, perche ' tu sei mia, in fondo, nei nostri perche’, tu mi appartieni.



Ania.

lunedì 13 gennaio 2014

Routine.

Routine. Ti svegli alle 06:30. Ti lavi. Fai colazione. Esci di casa. Prendi il tram. Vai a scuola/lavoro. Passa il tempo. Torni a casa. Il pomeriggio perso davanti al pc. Non prepararsi minimamente. Mangiare. Cazzeggiare al pc (di nuovo). Andare a Dormire. Abitudinarietà. è una parola con significato solitamente negativo. viene associata alla noia. secondo me è un errore... Le persone ad ogni livello, creano la loro routine, fanno cose senza nemmeno rendersene conto per avere una serie di azioni che creino una sorta di tranquillità e serenità. Secondo voi? Vi lascio con un testo di cui non conosco l'autore, trovato su internet.. Sveglia alle otto. Mattina. Il solito caffè nella tazza Azzurra. Il pezzo di focaccia Scaldata al forno. Un'occhiata veloce alla finestra, un tuffo nel mondo della strada. Ogni tre giorni la barba, davanti alla specchio. La doccia ogni giorno. Alle otto e mezza precise. Un bacio preciso alla guancia di lei e sempre la stessa parola Buongiorno, mia cara, ti amo. Poi la cravatta del venerdì, se è venerdì, e la camicia e la giacca. Davanti allo specchio farsi il nodo come sempre, come papà se lo faceva, una cinquantina d'anni fa, davanti allo specchio. Un altro bacio a lei, sull'altra guancia, un buongiorno detto con lo stesso tono di sempre. Il treno, alle nove. Infuriarsi, se è in ritardo, a dismisura. Sul treno i soliti discorsi coi colleghi di sempre, con le bocche che vanno senza pensarci, a suon di parole mille volte già dette. Al lavoro sempre come sempre. Col tempo che va, appeso al Muro, senza fretta. Mezzogiorno. Pausa pranzo. L'uscita alle cinque. Un salto In libreria per cercare due Libri usati su cui far galoppare La mente. E a casa. La cena, alle sette. La lettura. La scrittura Le parole a lei, sempre Uguali. E l'amore, sotto Le stesse coperte, fra gli stessi Sussurrati piaceri, raffinati D'una abitudine casta. Gli occhi pieni di sonno Come sempre si chiudono Lenti, annoiati, ma non tristi. Il sonno che giunge alla mente Stanca, felice d'essere com'è. Nella sua monotonia. Sulla certezza del domani Si chiude il giorno, come altri Tanti si chiuderanno, annoiati Ma non tristi. Felici d'essere Come sono. L'abitudine, a volte, è l'unica certezza che rimane. L'abitudine, a volte, è l'unica certezza che rimane.







Zaccawia.

martedì 7 gennaio 2014

"Si affacciava sulla sua città ogni mattina, le piaceva il vento sulla pelle. 
Tutti i giorni pensava che forse quel soffio sarebbe stato meglio se fosse diventato un vento intenso, che la abbracciasse più forte a se come nessuna aveva mai provato a fare... quell'alba è arrivata,
Si butta.
Quel vento che ogni mattina le dava il buongiorno, oggi le ha dato la buonanotte con l'abbraccio più bello della sua misera e breve vita..."

Sofferenza.

Ho sinceramente paura che se ti sfioro la pelle tu possa scomparire e tornare nella mia immaginazione.
Non mi ami.
Ma da qualche parte, in un angolo remoto del mio cervello, io ti amo ancora.